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Nel 1975 i miei genitori trascorsero parte del loro viaggio di nozze a Vigo di Fassa. La villeggiatura montana estiva era di gran moda già dagli anni’60. Ma a settembre, quando ai miei era toccata in sorte una settimana di vacanza, la valle era una blanda destinazione.
In albergo gli ospiti (pochi) si dividevano tra Romagnoli, che avevano chiuso la stagione estiva, e liguri (come i miei). Non è inusuale che il ligure medio preferisca la montagna al mare. Erano però i tedeschi e gli austriaci i visitatori decisamente più numerosi per i quali si declinavano alcune scelte discutibili, anche alimentari. Mio padre ricorda ancora con orrore i pomodori con lo zucchero serviti in albergo.
Ma negli anni ’70 per molti valligiani, il turismo era ancora un secondo lavoro dopo l’allevamento del bestiame e lo sfruttamento dei boschi. Oggi invece rappresenta la prima risorsa economica e fa della Val di Fassa la prima località del Trentino per numero di arrivi.
Il turismo come opportunità
Nei successivi 40 anni siamo tornati in Valle almeno una volta all’anno, sempre in estate, testimoni del cambiamento del territorio e di uno (non me ne vogliate) spregiudicato, sviluppo turistico. Siamo, perchè nel frattempo, proprio in Valle di Fassa, ero stata concepita io.
Chi aveva un pezzetto di terra, aveva costruito una casa o un albergo e si godeva gli effetti dell’inaspettato benessere economico. Il turismo era diventato un’opportunità di riscatto da anni di miseria. Oggi a fondo Valle, l’asse viario principale da Soraga a Canazei è un unico agglomerato di case e alberghi, disabitati fuori stagione, che hanno saturato l’offerta. La Valle è cresciuta senza visione e senza che nessuno si preocupasse del futuro.
Pensare e raccontare il territorio
La vacanza estiva in Val di Fassa è diventata accessibile a tutti, grazie a una nuova offerta di attività e a un diverso modo di raccontare la montagna. Pacchetti vacanze, residence all-inclusive, impianti di risalita, e-bike, jeep e pulmini per raggiungere qualsiasi luogo. In quota, parchi gioco, funicolari e bob su erba hanno reso la montagna ‘facile’ e persino ‘avventurosa’, ma l’hanno svuotata dei suoi valori tradizionali. Si è puntato sulla quantità piuttosto che sulla qualità, fino a rendere questo modello insostenibile anche per i residenti.
Che strada vuole intraprendere la Val di Fassa per il futuro? Rendersi una comunità attiva, capace di vivere e lavorare sul territorio tutto l’anno, con servizi e attività per i cittadini, o diventare un villaggio vacanza composto di seconde case e attività ricettive schiave della stagionalità e aperte con il solo scopo di accogliere folle di turisti che torneranno a casa dalle vacanze più stressati di quando erano arrivati?
Se ve lo state chiedendo, quando le code sui sentieri, il traffico delle auto e la folla nei rifugi sono diventati insostenibili, abbiamo smesso di frequentare la Valle 🤷♀️
Meno presenze, più sostenibilità e qualità della vita
Il concetto di “overtourism” racchiude l’essenza di questo problema: la saturazione dei flussi turistici, la stagionalità estrema, la globalizzazione dell’offerta che trasforma tutto in un “villaggio vacanze” e un racconto fuorviante di luoghi ed esperienze. Il termine si riferisce proprio alla situazione in cui una destinazione turistica riceve un flusso di visitatori più elevato di quello che può gestire, generando impatti negativi significativi sull’ambiente, sulla qualità della vita dei residenti e sull’esperienza stessa dei visitatori.
Con l’80% dei viaggiatori che visita solo il 10% delle destinazioni mondiali, si ha una concentrazione estrema del turismo in poche località, alcune anche piccole e molto vulnerabili.
L’overtourism nelle micro-destinazioni italiane
Il lago più bello del Trentino Alto Adige non è sicuramente il Lago di Braies. Eppure la popolarità sui social media ha trasformato questo tranquillo lago di montagna in un’attrazione affollata, con conseguenze devastanti per l’ambiente e la comunità locale. Un ecosistema anche di servizi pensato per 650 abitanti che deve reggere anche fino a 15.000 turisti al giorno, circa 1 milione e mezzo l’anno.
La stessa dinamica si sta verificando a Rasiglia, un piccolo borgo in umbria che a causa del turismo di massa ha messo a rischio la sua autenticità e il benessere dei suoi residenti.
Al Lago di Tenno, un lago trentino diventato recentemente di moda, si stanno già prendendo provvedimenti. L’overtourism è ancora solo una minaccia, ma il rischio di diventare il nuovo Braies è stato preso molto sul serio. Attraverso piani di gestione sostenibile, regolamentazione degli accessi, la promozione e il racconto di un turismo più responsabile, le autorità locali sperano di preservare questo gioiello naturale, mantenendo un equilibrio tra attrattiva turistica e sostenibilità ambientale.
Instagram e l’influenza sui flussi turistici
Come evidenziato da Justin Francis – CEO di Responsible Travel – e dal report di National Geographic, l’overtourism è spesso il risultato di una pianificazione turistica carente e di una promozione del turismo di massa che ignora le capacità di carico locali. Con i flussi turistici globali destinati a raddoppiare entro il 2050, è fondamentale che le destinazioni adottino strategie sostenibili per evitare di cadere nella trappola dell’overtourism.
Instagram ha sicuramente giocato un ruolo cruciale nell’accentuare il fenomeno, soprattutto trasformando luoghi remoti in mete turistiche affollate grazie alla potenza visiva dei suoi contenuti. Ma sono i voli low cost, le piattaforme di prenotazione online, l’offerta extra-alberghiera (b&b, case vacanza e simili) e la miopia politica ad aver alimentato il fenomeno.
Il “turismo da selfie” ha trasformato le vacanze in una visione puramente estetica e ripetitiva. Non c’è consapevolezza e non si fa abbastanza informazione sul valore e sulle necessità delle destinazioni e sui danni che si possono arrecare. Ma Instagram non è solo “Le Maldive di Milano” e “la Venezia Umbra”. La piattaforma può essere utilizzata in modo responsabile per promuovere un turismo lento e consapevole. Invece di puntare solo su immagini virali, possiamo creare contenuti che raccontano la storia e l’identità autentica delle destinazioni, educando i viaggiatori sull’importanza di rispettare l’ambiente e le comunità locali.
Un’altra strada è possibile
Il fenomeno dell’overtourism non è solo una questione di numeri, ma riflette un approccio al turismo che ignora le fragilità dei territori e delle comunità locali. In questo contesto, credo fermamente che un’alternativa sia non solo possibile, ma necessaria. “Un’altra Strada” rappresenta questa alternativa: un modo di pensare e raccontare il turismo che mette al centro la sostenibilità, l’autenticità e il rispetto.
Le destinazioni turistiche non devono infatti cedere alla tentazione di massimizzare i flussi a discapito della loro identità e integrità. Al contrario, dovrebbero investire in strategie che valorizzino le loro peculiarità, creando un modello di crescita che sia armonioso con l’ambiente e le comunità locali.
Se desideri promuovere una destinazione in modo che il turismo diventi un’opportunità di crescita sostenibile e non un peso per le generazioni future, lavoriamo insieme. Io posso aiutarti a raccontare la tua storia unica, attraverso una comunicazione mirata e responsabile per attrarre i “giusti” viaggiatori, quelli più rispettosi e consapevoli, ma anche per creare consapevolezza sull’impatto del turismo e responsabilizzare le persone. Costruiamo un futuro dove il turismo non sia sinonimo di sfruttamento, ma di arricchimento reciproco tra viaggiatori e destinazioni. Questo post ti è stato utile? Offrimi un caffè!
Lago di Braies in “quiete”. Foto di Alessandro Ranica su Unsplash.